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Vaniglia e Carbone, questione di Odore e non Profumo.

“…Sedevo sul letto come mio solito, fumando una sigaretta mentre completavo le pagine che mi ero obbligato a finire. Dalla terrazza si intravedeva la luce fioca del pomeriggio piovoso; era un Settembre qualunque, reso meno banale dal battere delle gocce sugli infissi. Amavo scrivere nella penombra mentre ascoltavo il respiro regolare di Erica che riposava. Aveva la tendenza ad addormentarsi su di un fianco, scoprendosi regolarmente dalle lenzuola. Le esili gambe lievemente piegate una sopra l’altra, i calzoncini chiari che usava per la notte le fasciavano perfettamente quel sedere tondo e minuto, i fianchi morbidi e magri formavano una cunetta accogliente dove ero solito appoggiare il braccio. Il viso tondo e regolare incastonato nel cuscino, i lunghi capelli castani, che fasciavano le belle spalle robuste, cadevano sparsi sulle guance morbide. Mi piaceva guardarla dormire e ascoltare il suo respiro regolare e profondo.

Il naso le si arricciava sempre quando la guardavo, anche mentre dormiva quasi sentisse i miei occhi su di lei. Ogni volta che lo faceva la desideravo e volevo farla mia. Posai la matita e il quaderno e spensi la sigaretta nel bicchiere sul comò e mi distesi vicino a lei passando lievemente la punta delle dita sulle sue braccia. Aveva la pelle morbida e il suo odore dolce e caldo come di vaniglia e carbone sferzava l’aria ad ogni passaggio delle mie carezze.Affondai il naso nei suoi capelli per cibarmene, ma forse troppo veementemente, tanto da ridestarla dal sonno.

– Hai di nuovo fumato in camera mia, mio padre ti ammazzerà prima o poi.

– Se non lo fa quando dormo da te non vedo perché dovrebbe preoccuparsene e poi io piaccio da morire a Jean.

– Come credi, ma almeno cerca di non bruciare le lenzuola di lino di mia madre. Ora abbracciami per favore ho freddo, credo di aver la febbre.

– E’ solo perché hai dormito scoperta come al solito.

Mi piaceva stringerla forte a me e sentire il suo corpo aderire perfettamente al mio, come fossimo una cosa sola. Le cingevo il collo  riuscendo ad accarezzarglielo e solleticandolo solo per farle venire i brividi. La mia mano teneva i suoi fianchi e sentivo crescere il desiderio per quel corpo. Mi volevo incollare a lei, incastrarmi e non staccarmi.

Muovevo il suo bacino contro il mio e iniziai a baciarle le guance e le spalle, mordendole dolcemente il lobo dell’orecchio solo per sentire il suo respiro farsi affannoso e vederla tremare.

– Sei scorretto così però – e così dicendo cercava di girarsi verso di me.

– No ferma voglio guardarti senza che ti vergogni.

– Luc ti prego baciami!

– No  voglio guardarti prima

Una delle sue gambe, senza che le chiedessi niente si posarono sulle mie lasciando intravedere la fessura dei pantaloncini. Scostai la mano entrando prima sotto la canottiera, accarezzando la vita e salendo fino ai due seni tondi e sodi. Le mie dita disegnavano figure circolari e regolari e ad ogni passaggio,la voce di Erica si faceva sempre più acuta e sussurrata. Il desiderio era tanto che quasi mi faceva male e sembrava volesse rompere i nostri pochi stracci.

Cominciai adagio a calar la mano fino alla vita arrivando a quel morbido tappeto scuro, traguardo tanto ambito dal mio orgoglio maschile. Emanava calore profondo che quasi bruciava al solo tocco. Era un vulcano attivo e volevo solo farla eruttare. Passavo la mano su quelle cosce morbide e ambivo alla sua porta sacra.

Le labbra erano umide e dischiuse e ogni carezza aumentava quel fiume di vita. Adesso Erica mi guardava fissa negli occhi, mordendosi le labbra quasi a farle sanguinare e implorandomi con lo sguardo di procedere con più foga.

Un attimo, un tremito, lo sguardo di un secondo e la voce che urlava silenziosa; le mie dita erano bagnate di caldo fuoco liquido e il cuore di entrambe andava ormai all’unisono, battendo con tanta foga che sembrava voler scoppiare.

Ci baciammo come eravamo sempre soliti fare, prima di foga e veracemente, poi concludendo con baci casti e pieni d’amore, quasi fossero cera lacca che sigillava il gesto del nostro volere.

Ci risvegliammo dopo poche ore ormai a buio fatto, mi rivestivo mentre la guardavo colmo ancora del suo odore.

– Tornerai da me stasera?

– Non posso stasera Erica lo sai, lo avevamo deciso insieme.

– E’ vero lo avevamo deciso, questo come tante altre cose.

– Ti chiamo domani, stanotte devo lavorare.

Mentre uscivo da quella stanza mi sentivo come se potessi volare e precipitare allo stesso tempo.

– Erica…

– Ti aspetto verso le undici, va bene?

– A dopo mia fata Morgana

L’aria era più fredda, ma la pioggia era finita, accesi la pipa e mi incamminai per via San Michele…”

Vaniglia e Carbone, questione di Odore e non Profumo.ultima modifica: 2019-09-02T19:37:12+02:00da
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